Le fiaccole della speranza nella lotta alle emergenze ambientali

La forma di un fiocco di neve che si sfalda al graduale svanire delle sue ramificazioni, a simboleggiare la progressiva e inesorabile fusione dei ghiacci presenti sul nostro pianeta, ovvero l’aspetto forse più drammatico del cambiamento climatico in corso, non solo per la velocità e l’entità (peraltro in massiccia accelerazione) con la quale il fenomeno sta avvenendo, tanto nelle calotte polari che sui ghiacciai montani dei vari continenti, ma anche per le ripercussioni che ha e avrà alla scala globale, a tutte le latitudini e a tutte le quote, in termini di risorsa idrica, di innalzamento del livello dei mari e degli oceani, di sconvolgimenti dell’ecosistema da monte a valle, di drastici effetti sulle correnti oceaniche e sui regimi climatici globali.

Le sagome di due alberi che improvvisamente si accendono di rosso e iniziano a perdere prima la chioma e poi i rami, a rappresentare la catastrofe degli incendi che –  con la mano criminale dell’uomo ad approfittare biecamente di sempre più frequenti fasi di grandi siccità, di feroci ondate di calore e di forti venti – distruggono il patrimonio forestale e la sua fauna, raggiungendo nel 2019 livelli di devastazioni senza precedenti ai quattro angoli del globo, dall’Alaska e dalla Siberia all’Amazzonia, dal Canada all’Australia, con effetti dirompenti a catena anche sul clima, in termini di emissioni e di mancato assorbimento di CO2.


Il profilo di una bottiglia che ingloba quello di un essere umano, a raffigurare un mondo in cui siamo circondati, in ogni dove e in ogni momento, dalla plastica, processo a sua volta con forti impatti sulle emissioni di gas serra trattandosi di un materiale prodotto a partire dal petrolio, con la parallela immagine di un pesce dall’occhio sbarrato, a sottolineare le drammatiche conseguenze di questa invasione sulla vita degli ecosistemi marini a tutti i livelli della catena trofica, dal plancton fino ai più grandi mammiferi che popolano l’idrosfera, compreso il Mediterraneo dove sono almeno 135 le specie marine che ingeriscono oggetti di plastica o vi finiscono intrappolate, con esito fatale, in conseguenza di una elevatissima pressione umana combinata con l’idrodinamica di bacino semi-chiuso, tali da rendere il Mare Nostrum una delle maggiori regioni al mondo di accumulo dei detriti di plastica, del tutto paragonabile a quelle oceaniche subtropicali con le loro spaventose isole di rifiuti galleggianti.

Dopo questa carrellata, tanto inquietante quanto veritiera, sulle più drammatiche emergenze ambientali che affliggono il nostro pianeta, l’ulteriore metamorfosi di quelle figure animate lascia improvvisamente il posto alla speranza, quella che il genere umano sappia cogliere l’ultimo scampolo di tempo che l’ecosistema ci concede, prima di raggiungere l’ormai prossimo punto di non ritorno: ecco che le forme si trasformano magicamente nel simbolo internazionale del riciclaggio dei rifiuti, nella silhouette di due mani che racchiudono e proteggono una goccia d’acqua, nel profilo di un fiore e in quello di un orso in mezzo ai boschi, richiamando rispettivamente l’importanza delle politiche sostenibili e rinnovabili nella gestione dei materiali e nella produzione dell’energia, il valore inestimabile della risorsa idrica, la straordinaria capacità della Natura di reagire alle avversità e di riprendersi la scena che le abbiamo sottratto, se gliene diamo la possibilità.

Non si tratta di elaborazioni digitali né di successioni di pixel, ma di figure reali dalle dimensioni di decine di metri, messe in scena accendendo e spostando gradualmente, nel buio della sera invernale, centinaia di fiaccole, sul fianco di una montagna: le varie sagome sono state infatti realizzate, spaziando in un campo visivo a 180 gradi, sul versante circostante l’abitato di Civitella Alfedena, piccolo e incantevole borgo appenninico incastonato nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, e le loro posizioni studiate in modo da essere viste nella giusta prospettiva, e dell’opportuna grandezza, dal piazzale del paese, dove oltre un migliaio di persone si sono radunate attorno a un grande falò per seguire col naso all’insù la suggestiva rappresentazione.

La temperatura pungente, data la serata di fine dicembre a oltre 1100 metri di quota, era mitigata – oltre che dal tepore del grande fuoco – dalla piacevolezza di poter sorseggiare cioccolate calde e bicchieri di vin brulè, offerte dall’organizzazione ai presenti, mentre la visione dell’intera scenografia veniva scandita da un sottofondo di musiche scelte ad hoc, alle quali a un certo punto si è sovrapposto lo scampanìo a festa della chiesa patronale del paese, in concomitanza con l’accensione di una grande sagoma a forma appunto di campana, montata su un supporto ad altalena per renderne anche l’effetto di dondolìo: giusto e gioioso suggello, a celebrare la solennità di quel momento di apertura alla speranza di un futuro ecologicamente più responsabile, come miglior desiderio da esprimere e più serio impegno possibile da mettere al centro dell’attenzione, nei giorni in cui tipicamente si pensa agli auspici e ai propositi da realizzare nell’anno nuovo.

Si tratta di un appuntamento a dir poco tradizionale, quello con la “fiaccolata” realizzata ogni anno, nella simbolica data benaugurale del 30 dicembre e in modo totalmente autofinanziato, in questo piccolo paese di montagna. Come sopra descritto, non si tratta semplicemente della classica discesa a valle con le fiaccole (anche se – lo si può individuare nella foto qui sopra – non manca un lungo serpentone luminoso che lentamente scende in paese, dopo essersi acceso e dipanato dalle quote più alte), ma di una vera e propria scenografia, che ogni anno segue un copione e, soprattutto, un tema preciso, scelto di volta in volta per l’occasione. L’intera rappresentazione viene realizzata grazie all’impegno del Comitato costituito dai cittadini di Civitella, che già durante l’autunno lavorano alla realizzazione delle impalcature di legno che fanno da supporto alla collocazione delle fiaccole, e alla collaborazione, il giorno dell’evento, di parecchie centinaia di persone (provenienti dagli altri paesi del Parco Nazionale, ma anche tanti turisti e villeggianti giunti per trascorrere i giorni delle festività immergendosi nella Natura), i quali si prestano alla bella esperienza di salire a partire dal tardo pomeriggio sulla montagna, per poi accendere e portare le fiaccole al momento giusto, a beneficio dei tanti altri che si godono lo spettacolo dal basso.

Se già negli anni scorsi, fra gli argomenti scelti per essere raffigurati nella fiaccolata, i temi del rispetto dell’ambiente, della salvaguardia della Natura, della sostenibilità e dei diritti umani si erano accavallati con le riflessioni sui valori dei rapporti sociali e familiari, sul senso da dare al tempo che passa, sull’importanza della condotta dei singoli e dei comportamenti della collettività, per questa trentunesima edizione (l’iniziativa infatti si ripete ininterrottamente dal 1989), il “Comitato fiaccolata” ha scelto esplicitamente il dramma delle emergenze ambientali, per chiudere con forza un anno, il 2019, che è stato scandito, fin dai primi mesi, dagli appuntamenti del grande movimento planetario degli studenti per il Clima, a chiedere a gran voce agli adulti di oggi di non lasciar passare invano l’ultimo brandello di tempo ancora disponibile, ma che si è anche chiuso con il sostanziale fallimento della venticinquesima Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, svoltasi poche settimane fa a Madrid e incapace di portare il punto di svolta radicale che si sperava, nella lotta a questa epocale emergenza, rinviando tutti i nodi cruciali all’appuntamento del 2020.

Il luogo in cui, accendendo quelle fiaccole, si è scelto di rilanciare il messaggio sui disastri dell’ecosistema, è altamente simbolico, da tanti punti di vista. Civitella Alfedena, arroccata su un superbo balcone naturale circondato dai boschi e affacciato sul lago di Barrea, fra i monti Marsicani e i monti della Meta, si trova innanzitutto, come detto, nel cuore di uno dei parchi nazionali più antichi d’Italia, nel bel mezzo di un patrimonio naturalistico unico, inestimabile scrigno in cui una straordinaria varietà di specie di fauna selvatica (compresi importanti endemismi, fra cui gli unici 50 esemplari esistenti al mondo di orso marsicano) convive in antica armonia con gli insediamenti umani nel segno del rispetto dell’ambiente, in un sapiente equilibrio fra le aree di riserva integrale, una rete sentieristica aperta a tutti sul resto del territorio (fruibile sia in proprio, che contando sulla competenza di guide locali preparate a farvi apprezzare ogni minimo particolare lungo il percorso), un patrimonio forestale dalle mille peculiarità (fra cui le faggete vetuste recentemente entrate a far parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO), la bellezza mozzafiato di monti solcati da gole e torrenti… ma anche le attività di pastorizia e apicultura, gli incantevoli borghi medioevali, teatro di arte, cultura, gastronomia, antichi mestieri, attività artigianali e tradizioni, tutti elementi capaci di far guadagnare proprio a Civitella il titolo di bandiera arancione del Touring Club italiano, a dimostrazione che rispettare gli spazi e i tempi della Natura, e lasciare a quest’ultima la sua parte di vita selvatica e incontaminata, non preclude nulla alle risorse, all’economia (compresa quella turistica) e alle potenzialità umane, anzi conferisce a queste ultime un valore aggiunto enorme.

Ma stiamo parlando anche del paese più piccolo, fra quelli del Parco Nazionale in questione, con una minuta comunità di 280 abitanti residenti (rispetto ai quasi 1000 dell’inizio del secolo scorso): un luogo abitato da gente che, come tanti altri minuscoli comuni disseminati fra le Alpi e gli Appennini, nell’era del drammatico abbandono dei villaggi di montagna che vanno a morire uno dopo l’altro (malinconicamente e liricamente raccontati da Francesco Guccini nella sua struggente “ballata per un paese al tramonto” di recente uscita in libreria, a raccontare di quei borghi in cui i tetti delle case non fumano più), resiste ogni giorno per tutelare la propria identità e continuare a far vivere, curare e preservare il territorio nativo, combattendo continuamente contro la sempre più galoppante tendenza a privare questi centri dei servizi di base, dall’ufficio postale allo sportello bancario, dall’assistenza sanitaria di base alle scuole.

Persone che, per antiche storia e cultura della gente di montagna, da sempre, hanno improntato la propria esistenza all’insegna di quello che oggi chiamiamo sviluppo ecosostenibile, a partire dal riciclo e riuso delle risorse, dall’ottimizzare l’utilizzo dei prodotti della propria comunità, dall’accontentarsi del necessario e dal far coincidere quest’ultimo con quello che c’è, oltre che del rispetto della terra propria e dei propri padri, conservando l’indelebile memoria dei tempi degli stenti e della scarsità, e traendone l’avversione verso ogni forma di spreco e di superfluo. L’ingegno, i mestieri e l’essenzialità della cultura contadina di montagna sono palpabili anche nella rappresentazione del Presepe che nel periodo natalizio viene allestito, con statue di cartapesta a grandezza naturale, fra i vicoli e le piazzette del paese, ricostruendo botteghe, abitazioni e scene di vita quotidiana con utensili e strumenti di una volta, quelli che i civitellesi conservano nelle proprie soffitte e in parte tuttora usano, in cucina o nell’orto.

Un paese che, fra i comuni capofila di un’iniziativa fortunatamente poi seguita da altri, ha avuto il merito di mettere al bando con un’ordinanza amministrativa i fuochi d’artificio (i cui danni per la nostra salute dovuti alle polveri sottili, specie nelle concentrazioni dovute al delirio pirotecnico nelle grandi aree urbane, oltre che per il non banale disturbo agli animali tanto domestici quanto selvatici, sono davvero impressionanti), vietandoli sia per la notte di Capodanno che durante le feste patronali (ma il prossimo passo, detto da amante e frequentatore assiduo di quel Parco in tutte le stagioni, è fare altrettanto con le amplificazioni a suon di decibel nei concerti di Ferragosto, davvero assurde in paesi limitrofi al bosco, e limitare drasticamente le rombanti e forsennate corse dei motociclisti della domenica sui tornanti di quelle strade immerse nella Natura). Al divieto dei suddetti fuochi, i civitellesi hanno lasciato, come unica e a mio parere comprensibile eccezione, un solo minuto all’anno di festa luminosa (con lancio di torcioni a basso tenore acustico, nel rispetto della fauna del luogo) giusto a conclusione di questa fiaccolata, quasi a voler accendere per qualche istante i riflettori sui tetti e sui vicoli del proprio piccolo centro storico, in occasione dell’evento più importante e frequentato dell’anno, ed esclamare per un attimo “guardate che gioiello, questo piccolo villaggio che cerchiamo ogni giorno di preservare e di non far morire”.

Segue, a questo breve minuto di esplosione di luce, l’immediato ritorno all’oscurità (l’intera serata si svolge, per il resto, al solo barlume del falò e delle fiaccole, accendendo queste ultime anche sulle facciate delle abitazioni, nelle quali vengono spente per l’occasione tutte le luci elettriche, al pari di quelle dell’illuminazione pubblica): significativo contrasto che aiuta a ricordare quando il buio possa essere ancestralmente a dimensione d’uomo, e contemporaneamente permetta di godere appieno del più straordinario spettacolo a cui il genere umano abbia mai potuto assistere dalla notte dei tempi: quello che, nel momento in cui dal versante della montagna alzate spontaneamente lo sguardo alla volta celeste, vi fa girare la testa in preda alle vertigini e vi mozza letteralmente il respiro, per la disabitudine (specie se, come me, venite dalla grande città) a tanta bellezza e profondità, perdendovi con le lacrime agli occhi – come in Odissea nello Spazio – a esclamare a voi stessi “oh mio Dio, è pieno di stelle”.

Un’occasione fra le occasioni di questa serata, quella di far riflettere sulla stoltezza dell’inquinamento luminoso nelle nostre città,  e in particolare sul triste primato italiano nella clamorosa percentuale di luce (oltre il 30%) dispersa verso l’alto, cioè dove non ci serve (né serve ai gatti, che per le loro passeggiate fra tetti e grondaie ci vedrebbero benissimo lo stesso), a causa di lampioni costruiti in modo demenziale invece di concentrare il 100% del fascio luminoso verso il basso, col risultato non solo di sprecare enormi quantità di energia prodotta da fonti non rinnovabili, ma anche di mandare letteralmente in fumo centinaia di milioni di euro l’anno su base nazionale, di alterare i delicati cicli vitali delle specie animali e vegetali, compresi quelli dell’uomo (ci sono molti studi medici in proposito), e –  non ultimo – di privarci della vista delle stelle.

Insomma, una emozionante serata di immersione a 360 gradi nelle tematiche di rispetto dell’ecosistema, della sostenibilità ambientale e nel senso profondo di far parte integralmente, come esseri umani, del Cosmo e della Natura. E se è vero – come oltre un secolo fa scriveva Antonio Gramsci, spiegando il proprio rifuggire il conformismo delle occasioni di tripudio obbligato collettivo – che i capodanni a scadenza fissa, con l’abusata routine dei consuntivi sulla gestione passata e dei preventivi su quella a venire, riducono la vita e lo spirito umano alla stregua di un’azienda commerciale, rischiando di farci perdere nella retorica dei buoni propositi puntualmente disattesi il giorno dopo, e di indurci a dimenticare la necessità di coltivare continuamente e costantemente l’impegno affinché ogni singolo giorno sia un’occasione di rinnovamento e di cambiamento… per provare a riempire di senso il passaggio nella convenzionale numerazione di anno, e il contestuale cambio di calendario alle pareti, difficile pensare una battaglia più doverosa e nobile, a cui dedicare  i nostri obiettivi personali e collettivi per il 2020, di quella volta a superare le ingiustizie, gli squilibri e i drammi della società e del mondo contemporaneo, compresa quindi la lotta contro le epocali emergenze ambientali, fra le quali il cambiamento climatico di origine antropica ci lascia alle prese, ormai, con gli ultimi granelli di sabbia, nell’inesorabile clessidra innescata dalla nostra esclusiva e dissennata responsabilità.

E allora, quel tappo che salta dalla sagoma di bottiglia di spumante affiancata dal calice, ultima figura realizzata a concludere la fiaccolata accanto allo scattare nella cifra del nuovo anno, possa davvero essere il segno forte dell’impegno di noi tutti –  allargandosi a macchia d’olio da questo piccolo paese dell’Appennino al resto del Paese –  a non demordere per tutto il 2020, nella quotidiana battaglia per mettere la salvaguardia degli equilibri dell’ecosistema al centro dell’azione individuale e della politica, e per consegnare alle prossime generazioni un futuro diverso, rispetto al baratro verso il quale, se non corriamo immediatamente ai ripari, seguiteremo a procedere con drammatica accelerazione.

Un plauso, quindi, a questo piccolo-grande esempio di comunicazione e sensibilizzazione ambientale, condotto con l’antica saggezza delle genti di montagna, eterne custodi del rapporto simbiotico fra l’Uomo e la Natura, e disegnato con la passione e la caparbietà di chi conosce la rudezza, ma anche la bellezza, delle battaglie più giuste, più generose e più difficili.

3 comments

  1. Condivido, per me era la prima volta.. Della vacanza in Abruzzo con piacere ho visto la fiaccolata.. A tale proposito sarei interessata a recuperare il filmato di tutta la serata dove è visionabile? Grazie
    Alla prossima

  2. grazie filippo thiery il tuo articolo è stato condiviso nel gruppo che ho formato su facebook “amici di Civitella Alfedena e del Parco…….” al quale invito tutti ad iscriversi e che è nato proprio per promuovere questo meraviglioso paesino con foto ricordi e testimonianze delle tradizioni e della cultura della bellezza dei luoghi e di quanto quivi rende piacevole una visita o un soggiorno

  3. Un grande esempio di Civiltà, di rispetto per la Natura cosi bistrattata da decenni !

    Civitella Alfedena, paesino arroccato così piccolo ma così magico, è un esempio

    unico per tutti noi, da cui prendere esempio e ispirazione per la nostra vita quotidiana.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *