A Bertinoro accadono cose

Come ogni anno, a Bertinoro accadono cose. In realtà le cose, a Bertinoro, sono sempre accadute. Fin da quando in questo borgo medievale – che in assenza di nebbia permette di scattare foto panoramiche della Romagna in prospettiva aerea – transitava una certa quantità di stranieri. Ad attenderli non c’era l’odio, ma l’accoglienza. Tant’è che ancora oggi, nella prima domenica di settembre, si celebra la festa dell’ospitalità. Niente a che vedere con sagre o veglioni rionali. Qua la gente ospita a casa propria i visitatori e si trasforma in comunità.

Gli anni passano e il sostantivo straniero è più spesso utilizzato come un aggettivo non proprio aggraziato. E così, in una sera d’autunno che ha il sapore della primavera, a Bertinoro accade anche d’incontrare Batman. Allarga il mantello nel fascio di luce gialla proiettando l’ombra di pipistrello sui muri antichi e il bat-segnale illumina proprio la Colonna delle anella, in piazza Libertà.

Una toponomastica stradale non casuale, ovviamente. A proposito di lessico e presagi: a Bertinoro accade anche di dover fare i conti con la delusione per la chiusura della Locanda della Fortuna che offriva ospitalità nella vecchia Società operaia del mutuo soccorso. Un luogo di ritrovo e accoglienza che, venendo a mancare, ha fatto pensare a cattivi presagi. Chiude la Fortuna, addio fortuna. Poi ci si ricorda della presenza di Batman. Quindi no, in questa improbabile Gotham che ha resistito e sopravvissuto ai secoli non potrà accadere niente di male.

A Bertinoro accade che i luoghi sfuggano alla decadenza acquistando nuove funzioni e significati. Nella rocca che ospitò Federico Barbarossa si svolgono le giornate di Aiccon dedicate all’economia civile, così come nella sede della Società operaia si faceva ristorazione. La vecchia sede del seminario vescovile fu un carcere in età napoleonica prima di diventare un complesso abitativo.

A Bertinoro accade che l’ex ministro Giuliano Poletti ti racconti la storia metaforica della Maria e della Francesca e del sensore applicato alla porta di casa e allo sportello del frigorifero per spiegare che sì, gli algoritmi sono utili, ma se gli si applica un’interpretazione mercantile e non comunitaria non si andrà mai da nessuna parte.

E a Bertinoro, sede eletta popolata da persone d’intelletto, accade anche che si possa misurare il peso di essere un ex della politica. È capitato a Poletti, ma anche all’ex sottosegretario Luigi Bobba, partecipante silente e interessato. Dal battimani all’indifferenza, in un paese come il nostro, il passo è davvero breve.

A Bertinoro accade di arricchire il proprio vocabolario. Una terminologia ricca che non si declina solo nell’etica dell’economia e della quarta rivoluzione industriale, ma anche nella gastronomia. E quindi si parla di tecnologie convergenti e di strozzapreti, d’intelligenza artificiale e crescioni, di processi rigenerativi e di battilarda.

A Bertinoro non si è a Bertinoro se non accade di ricevere una benevola ed energica manata da Stefano Zamagni che ti dice d’essere un patàcca. «Gli algoritmi sono la cristallizzazione di una certa visione del mondo», ci dice. «Le macchine sono capaci di pensare, ma non saranno mai capaci di amare».

A Bertinoro accade che nella cartella che contiene libri, raffinati quaderni d’appunti, penne brandizzate e programmi ci sia anche l’elenco di tutti i partecipanti. Sono tanti, più di duecentocinquanta, tutti ordinati secondo l’alfabeto, con cognome, nome e rispettivo ruolo. Una lista che si trova lì non a caso. Perché a Bertinoro accade di costruire relazioni, rafforzando rapporti che già esistono a facendo fiorire nuove e produttive conoscenze.

A Bertinoro accade anche di essere scambiati per qualcun altro.

@gitesta

 

[Un grazie a @FeliceMeoli, reporter che ha immortalato Batman]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *