Perché se si parla di prevenzione la gente cambia canale?

La domanda non è retorica. La prevenzione non fa notizia. La prevenzione è lenta. Nulla a che vedere con l’emergenza soprattutto quando siamo di fronte ad eventi di carattere nazionale. Attenzione. Forse, pensandoci, non è proprio vero che la prevenzione non fa proprio mai notizia.

Il problema per chi ci lavora, governi, regioni, comuni, istituzioni varie, consorzi di bonifica, agenzie, è che se ne parla “dopo”. Cioè sempre dopo una calamità che magari ha causato vittime che fanno scattare TV del dolore e interrogazioni parlamentari. Può capitare anche che poi quotidiani o altri media più o meno grandi vogliano vederci chiaro e in alcuni casi dare anche l’idea che si possa far di più o che i soldi che vengono messi a disposizione non vengono spesi velocemente o correttamente.

La domanda è come “prevenire” tutto questo e come comunicare la prevenzione. Con l’obiettivo primario di fare servizio pubblico. Perché un’educazione ad una corretta prevenzione è essa stessa servizio pubblico. Perché può arrivare a instillare la mentalità in chi amministra che la prevenzione dalle calamità naturali nel proprio territorio, sia un comune, un agglomerato di comuni o una regione deve essere stabile tra le priorità dell’azione amministrativa. Ma non parliamo qui solo di amministratori o politici, la mentalità alla prevenzione deve soggiornare anche tra le priorità della vita delle persone, dei cittadini. Una battaglia che può portare addirittura a salvare delle vite.

Come comunicare allora efficacemente la prevenzione?

No che non ci si provi già da un po’. Lo fa con una strategia social dichiaratamente impegnata la Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche #italiasicura, presente con un proprio account su tutti i social network più frequentati, finanche su Instagram, social basato sull’interazione delle immagini, particolarmente amato dai teenager e da tutto il mondo dello show business, dallo sport allo spettacolo.

L’idea, fin dalla creazione della Struttura è stata quella di documentare i lavori, i cantieri, portando in primo piano i volti di coloro che operano quotidianamente nei grandi cantieri delle opere nelle aree metropolitane. Quelle opere attese da decenni da territori colpiti duramente da alluvioni e frane. Le immagini sono soprattutto quelle dei mezzi e degli operai con i caschetti che ogni giorno garantiscono che quei lavori procedano ad un ritmo sostenibile. Da ricordare è la campagna “selfie dai cantieri” che ha caratterizzato soprattutto la prima parte dell’attività della struttura.

Tematica difficile da comunicare per il resto delle istituzioni. O meglio, quando un’opera viene finanziata o ancor meglio, realizzata, i sorrisi, le photo opportunity e i servizi dei tg conseguenti non mancano.

Il problema semmai è rendere “sistematica” una tematica proposta a spot quando non è al centro del dibattito su quello che dovrebbe essere fatto e non viene fatto. Sia chiaro, ben vengano trasmissioni come “Presa diretta” di Riccardo Jacona (Raitre) o “Dissesto doloso” di Sarah Varetto (Sky TG 24) che senza retorica ma con piglio giornalistico serio hanno fatto recentemente le “pulci” ad un sistema di prevenzione che nel nostro paese ancora non dà le risposte sufficienti nonostante il Piano nazionale non sia più una chimera grazie a Italiasicura e all’azione degli ultimi due governi.

Quello che bisogna saper fare è creare delle modalità di comunicazione della prevenzione che siano “appetibili”, cioè che catturino l’attenzione dell’audience/popolazione. Una presenza che dev’essere capillare, con un’anima di servizio ma che allo stesso tempo colga l’attenzione di uno spettatore/utente di social, cittadino fin troppo distratto, fin troppo “impegnato”.

Allora campagne di comunicazione, allora impegno quasi quotidiano di coloro che si occupano per le istituzioni di comunicazione perché la prevenzione, cioè la diffusione delle conoscenze di prevenzione e di protezione civile cresca ogni giorno. Utilizzando tutti i canali a nostra disposizione oggi, dai media generalisti ai social network, ai servizi di chat messaging. Superando il “muro” del timore di non interessare sufficientemente le persone anzi mettendoci creatività e fantasia nel cogliere la chiave giusta per accendere l’interesse che è veramente necessario. Non per collezionare più click o numero di spettatori ma per fare correttamente il famoso “servizio pubblico”.

Piano piano forse riusciremo ad evitare che chi guarda un servizio sul dissesto idrogeologico non cambi canale.

@GianlucaGarro

Un commento

  1. Riflessione interessate e pertinente. Il problema è che siamo invasi da qualsiasi tipo di comunicazione, più sui social che sui canali tradizionali. Ormai è sempre più difficile catturare l’attenzione con la costruzione di una comunicazione capace di trasmettere il messaggio e al tempo stesso attirare gli sguardi…

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