L’Aquila ogni giorno mi insegna


Io a L’Aquila, in quei mesi del 2009, non c’ero. Però con L’Aquila sento di avere un inspiegabile legame.

Per me “l’Aquila” – intesa come tutto ciò che è seguito al terremoto delle 3.32 del 6 aprile 2009 – sono le parole di Simona e Juri, le immagini di Ludovica, le riflessioni di Ilaria, l’esperienza di Roberto, i racconti di Marco e Gianluca, le raccomandazioni di Carmela, i ricordi condivisi di Ornella, Eugenio, Piero che negli anni passati al Dipartimento della Protezione civile ho avuto la fortuna di poter ascoltare. E l’Aquila è la vita di Titti regalatami dai suoi stessi racconti, insieme alle lucide analisi di colui che è stato il mio Capo.

L’Aquila, che non ho vissuto, mi insegna quotidianamente “cose” e oggi, dopo aver letto, visto, ascoltato tanto – e forse troppo in questi giorni in cui si è ricordato l’anniversario dei dieci anni dal terremoto – voglio provare a metterle in fila.

L’Aquila mi insegna che ci sono dolori inimmaginabili e slanci di solidarietà altrettanto incredibili.
L’Aquila mi insegna che si può progredire se il futuro cui si aspira lo si incardina su una disillusa e sincera lettura del presente e del passato.
L’Aquila mi insegna che “preoccuparsi” di ciò cui si tiene molto vuol dire occuparsene prima che sia troppo tardi, e occuparsene prima di tutto in prima persona. E occuparsene nei fatti, non solo a parole.
L’Aquila mi insegna che dei commenti “è tutto bianco” “è tutto nero” non ce ne faremo mai nulla.
L’Aquila mi insegna che per ottenere dei risultati ci vuole tempo, ma soprattutto la volontà di fare fatica per ottenerli.
L’Aquila mi insegna che la complessità non solo va spiegata, ma deve essere spiegata, magari con termini che siano comprensibili per tutti. Perché tutti la possiamo e dobbiamo comprendere questa complessità, per essere in grado di distinguere i ciarlatani dai competenti, e prendere decisioni consapevoli.

@francimaf

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