Io, la mia ignoranza e il coronavirus – parte 2

Comunicazione. Sembra la parola “magica” di questi giorni per, contemporaneamente, additare falle e trovare rimedi all’attuale situazione legata alla diffusione della “sindrome simil-influenzale da Coronavirus”.

La comunicazione (o l’informazione, anche qui ci sarebbe da intendersi sulle differenze, se ce ne sono) che gioca un ruolo fondamentale. La comunicazione che ha delle ripercussioni dirette sui comportamenti dei cittadini. Una delle “scoperte” cicliche nel nostro Paese, soprattutto in emergenza. Ma l’emergenza non sembra essere il momento adatto per recuperare ciò di cui non ci si è “pre-occupati” quando il tempo c’era.

Passata l’ondata, dovremmo ricordarci della “cura” e dell’attenzione da dare alle attività di comunicazione con maggiore frequenza e convinzione in ordinario. E non relegarle a “fattore di secondaria importanza”.

Aggiungo solo qualche “cosa semplice” come reminder per me, dato che la memoria delle esperienze passate sembra spesso farci difetto:
• la comunicazione non può essere considerata una “bolla” a sé stante, slegata da tutte le altre attività operative: se funziona – o se non funziona – dipenderà dall’intero contesto;
• da soli si va poco lontano. Fare rete e sistema, anche quando si tratta di informazione e comunicazione in emergenza, soprattutto per correggere le “notizie false”, è l’elemento di forza in più;
• parlare con una voce sola non significa che deve intervenire sempre e solo una persona o una istituzione, ma significa garantire la coerenza tra i dettagli delle diverse comunicazioni, anche quando è necessario “correggere” o rettificare (cosa sempre possibile, spiegando).

@francimaf

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