Il calendario di un sismologo è costellato di anniversari di terremoti del passato. Il nostro mestiere di sismologi ci impone di coltivare e diffondere la memoria storica dei terremoti. Purtroppo, in Italia in ogni giorno dell’anno è avvenuto almeno un evento che ha prodotto danni più o meno gravi. Lo scorso 14 gennaio erano 50 anni dal terremoto del Belìce, in Sicilia occidentale, che nel 1968 ha svelato una zona sismica fino ad allora pressoché sconosciuta.
Il terremoto del Belìce è stato il primo evento in Italia con una discreta copertura del telegiornale (a quel tempo c’era un unico telegiornale sui due canali della RAI, gli unici esistenti). Ci sono quindi molte immagini video disponibili in rete che possono dare un’idea dell’impatto di quel terremoto.
Fu un terremoto con alcune caratteristiche particolari. La prima è appunto che quell’area al tempo non era considerata estremamente pericolosa dal punto di vista sismico. Solo recentemente si è potuto appurare che in realtà nel passato fu colpita da eventi altrettanto disastrosi (per esempio i templi di Selinunte furono distrutti da un terremoto nel 3° secolo dopo Cristo).
La seconda caratteristica è che si decise in molti casi di ricostruire delocalizzando i siti originali, abbandonando gli insediamenti distrutti. Questo tema è tornato di attualità in occasione del terremoto in Italia centrale e sarebbe bene ripercorrere interamente quella vicenda prima di riproporre soluzioni analoghe. Gibellina, Poggioreale, Salaparuta, tra le altre, non possono certo essere citati come esempi di ricostruzione “ideale”, a mio parere.
In occasione di questo anniversario si può cominciare a fare qualche bilancio su cosa si è fatto o non si è fatto in Italia sul tema della riduzione del rischio sismico. In 50 anni ci sono stati in Italia 33 terremoti di magnitudo pari a 5.5 o maggiore; questi eventi hanno prodotto danni considerevoli al patrimonio edilizio e purtroppo quasi sempre vittime. A dire la verità, in Italia si hanno danni e vittime anche per magnitudo minori di 5.5, a causa della estrema vulnerabilità dei nostri edifici.
Il conteggio delle vittime è atroce: siamo arrivati a 5000 vittime in 50 anni, di cui la maggior parte per i terremoti dell’Irpinia-Basilicata del 1980 (quasi 3000 morti) e del Friuli del 1976 (circa 1000 vittime). Dal 1900 il conto sale a 120000 vittime, di cui 80.000 nel solo terremoto di Messina-Reggio Calabria nel 1908.
Si può fare il conto di quanto sono costati i terremoti all’Italia? Certamente non si può dare un valore economico alla vita umana: ha un valore inestimabile. Pensate a chi ha perso un figlio, un genitore, la moglie…
Sappiamo però che se le nostre case fossero state resistenti al terremoto, quelle morti si sarebbero potute evitare, così come tutte quelle future. Come ha insegnato a generazioni di sismologi Nick Ambraseys, professore di ingegneria sismica all’Imperial College: non sono i terremoti che uccidono le persone, sono gli edifici.
L’Italia ha un patrimonio edilizio tanto bello quanto vecchio, che spesso non conosce normativa sismica. Si dice che adeguare tutto il patrimonio costerebbe così tanto che è un’opera impensabile. E’ proprio vero? E’ quanto si è speso invece per le varie ricostruzioni?
Esistono degli studi molto dettagliati compiuti dagli uffici della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica in occasione della predisposizione degli atti legislativi a seguito dei più forti terremoti recenti. Ho preso da lì i dati riassunti in questa tabella.
Per il periodo dal 1969 al 2002 i dati sono tratti dal Dossier della Camera del 14 maggio 2009. Per il periodo dal 2009 a oggi i dati sono tratti da un report del Senato. I valori sono ricalcolati rispetto al valore attuale in euro. Nella tabella sono riportati i terremoti principali degli ultimi 50 anni e il totale è di oltre 125 miliardi di euro.
Considerando tutti i terremoti in 50 anni si stima una cifra tra 150 e 160 miliardi di euro. La tabella mostra anche che, ad esclusione del terremoto del Friuli del 1976, per tutti gli altri eventi il periodo di impegno finanziario è ancora pienamente attivo (per gli ultimi due terremoti in tabella di tratta delle cifre attualmente stanziate; sicuramente saranno necessari ulteriori provvedimenti di spesa se è vero che sui giornali si parla di oltre 15 miliardi di euro per l’Emilia e di oltre 20 miliardi di euro per la ricostruzione in Italia centrale).
Quanti sono 150 miliardi di euro? Se lo scriviamo in un altro modo fa più impressione: 150.000.000.000 euro. Significa anche 3 miliardi all’anno. Oppure che ogni cittadino italiano, anche i neonati o anche chi vive in zona non sismica, ha sulle spalle un debito di 2500 euro. Detto in questo modo sembrano davvero tanti, anche perché sono soldi che paghiamo tutti con le nostre tasse.
Se invece facessimo un conto diverso, forse la percezione potrebbe cambiare: 150 miliardi di euro in 50 anni, divisi per 60 milioni di cittadini italiani e per anno diventano 50 euro. Vuol dire che una famiglia di 3 persone, come la mia, rimborsa 150 euro all’anno; una cifra non impossibile per tante famiglie, ma soprattutto è la cifra media di un’assicurazione contro le catastrofi prodotte da eventi naturali.
Il discorso diventa molto ampio: quale strategia per una vera prevenzione? Come salvare le vite delle persone che vivono in zona sismica? Assicurare le case o adeguarle sismicamente? Quanto costerebbe adeguare tutte gli edifici in Italia? Proverò ad approfondire il tema nei prossimi post in questo blog.
(L’immagine iniziale è di Raffaele Azzaro, dell’INGV di Catania)
“Vuol dire che una famiglia di 3 persone, come la mia, rimborsa 150 euro all’anno; una cifra non impossibile per tante famiglie, ma soprattutto è la cifra media di un’assicurazione contro le catastrofi prodotte da eventi naturali.” Magari 150 euro l’anno l’assicurazione contro le catastrofi naturali… In zona 1, 300mq (grande ma molto modesta), abitazione in muratura, ristrutturata nel 2005, chiedono dai 800 euro in su….
Entrerò nel dettaglio delle assicurazioni nei prossimi post. Posso solo anticiparle che negli anni è molto cambiato l’atteggiamento delle compagnie, che fino a pochi anni fa vendevano polizze a prezzi molto vantaggiosi. Non si può però pensare che le persone si assicurino in assenza di incentivi fiscali e senza premiare chi fa interventi di miglioramento sismico