Intelligibile

George Santayana Time 1936

 

Uno spirito realmente privo di pregiudizi non può assumere che il mondo sia completamente intelligibile. Possono esistere irrazionalità, fatti incomprensibili, abissi oscuri al cui cospetto l’intelligenza deve tacere, per non impazzire – George Santayana

 

 

 

 

L’indigestione di strumenti di comunicazione ha fatto passare in secondo piano il motivo per il quale ci occorrono strumenti: trasmettere il contenuto della comunicazione.

Felicemente a cavallo tra la filosofia e le telecomunicazioni, infilo un braccio nel cilindro per estrarre un vocabolo caduto nel dimenticatoio: intelligibile. Immagino possa far tornare alla mente gli studi classici, ad esempio le critiche rivolte da Nicostrato alle categorie di Aristotele, oppure potrebbe richiamare un’espressione che giunge direttamente dal mondo delle comunicazioni telefoniche.

Quante volte vi è stato ripetuto che la comunicazione è importante in emergenza (e non solo)?

Pensiamo di esprimerci in modo chiaro, senza avere abbastanza cura che il contenuto, il messaggio, sia stato recepito nel senso che noi intendevamo attribuire. Siamo circondati da strumenti di comunicazione sempre più avanzati e non abbiamo una conoscenza limitata della lingua con la quale ci esprimiamo. Usiamo una quantità di parole imbarazzante per esprimere concetti semplici, perché ci mancano le parole. Non le conosciamo, non le cerchiamo, e tentiamo maldestramente di riadattare il poco che conosciamo. I  più audaci tappano i loro buchi linguistici costellando il cielo con vocaboli ed espressioni tratte dalla lingua inglese, spesso ignorandone il significato e la pronuncia, consumando un doppio stupro linguistico.

L’analfabetismo è un grave male per la comunicazione. Poco importa se abbiamo in tasca lo smartphone top di gamma.

Conoscere e usare gli standard e le regole linguistiche consente di evitare numerose incomprensioni: se voglio descrivere un’azione che avverrà nel futuro, perché utilizzare il tempo presente e non il futuro? Se avessi commesso una tale leggerezza, perché dovrei arrabbiarmi con l’interlocutore  che non ha compreso quello che volevo comunicare?

Perché nelle comunicazioni scritte la punteggiatura è scarsamente utilizzata e sostituita da emoticons e puntini, profusioni di puntini di sospensione? Sospensione di che cosa?

Dopo tanti anni trascorsi ad ascoltare “italici esperti” di emergenze (o peggio, di comunicazione in emergenza), provo un senso profondo di vergogna linguistica. Santayana suggerisce di tacere per non impazzire e io mi permetto di non essere d’accordo.

Siamo intenzionati a cambiare il mondo della comunicazione in emergenza ( e del rischio)?

Rendiamo intelligibili le nostre comunicazioni. Riabbracciamo la nostra lingua, rendiamo comprensibile il contenuto del nostro messaggio e riscopriamo, insieme, il significato di comunicare. In forma intelligibile, chiaramente!

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