Dubbi e domande sul deposito nazionale dei rifiuti radioattivi: risponde l’esperto

Lo scorso 5 gennaio Sogin, società pubblica incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, ha pubblicato l’elenco con le 67 aree d’Italia idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Tante le proteste e i no che si sono sollevati lungo tutto lo stivale. Per capire meglio di cosa si tratta e quali sono i rischi e le opportunità di questo progetto, ho intervistato Massimo Della Schiava, geologo specializzato in attività di bonifica ed analisi di rischio ambientale e borsista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze, con cui ho fatto anche un focus sulla situazione della Toscana.

Che cos’è il deposito nazionale?

Il Deposito Nazionale sarà una infrastruttura che verrà adibita a deposito definitivo unico per i rifiuti radioattivi prodotti in Italia su un’area di 150 ettari di cui:

  • 110 adibiti a deposito nazionale comprese le aree di rispetto:
    • per il deposito definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e molto bassa attività provenienti dal mondo civile, industriale, della ricerca scientifica o ospedaliero (ad es. sostanze radioattive usate per la diagnosi clinica come TAC e radiografie, per le terapie anti-tumorali, ecc.) nonché dallo smantellamento degli impianti nucleari in funzione fino agli anni ’80
    • per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi a media ed alta attività, derivanti per la maggior parte dallo smantellamento delle installazioni nucleari, all’interno di una struttura sempre temporanea, e denominata Complesso Stoccaggio Alta attività (CSA), in attesa della costruzione del deposito geologico europeo per lo stoccaggio definitivo previsto dalla Direttiva Europea Euratom 2011/70.
  • 40 al Parco tecnologico, un centro di ricerca sullo smantellamento delle installazioni nucleari e sulla gestione dei rifiuti radioattivi.

Quanti e dove sono i rifiuti radioattivi nel nostro Paese?

Attualmente i rifiuti radioattivi, circa 50000 mc da molto bassa a alta attività, sono tutti stoccati in siti non idonei e quindi NON in sicurezza (Figura 1), una bomba ecologica a livello nazionale che deve essere assolutamente disinnescata per evitare disastri nucleari.

In particolare:

  1. è stato calcolato che attualmente i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, sono pari a circa 33000 mc, e nei prossimi 40 anni ne è prevista una produzione di circa 45000 mc per un totale previsto di circa 78000 mc che dovranno essere sistemati definitivamente nel Deposito nazionale.
  2. i restanti 17000 a media ed alta intensità all’interno di una struttura sempre temporanea, e denominata Complesso Stoccaggio Alta attività (CSA) in attesa del deposito geologico europeo previsto da Euratom 2011/70.

In totale, si prevede che all’interno del Deposito Nazionale, vengano gestiti circa 95000 metri cubi di rifiuti radioattivi.

Ubicazione stoccaggi rifiuti radioattivi in Italia
Figura 1: Ubicazione stoccaggi rifiuti radioattivi in Italia (Modificato da depositonazionale.it)

Quali vantaggi porterà il deposito nazionale?

Il Deposito Nazionale, a differenza delle strutture di stoccaggio attuali, garantirà un isolamento dall’ambiente circostante per un periodo di circa 350 anni, il periodo massimo per il decadimento della radioattività dei rifiuti a molto bassa e bassa attività a un livello tale da non essere più un rischio per la salute dell’uomo e per l’ambiente.

In particolare sono previste 4 barriere ingegneristiche (Figura 2):

  1. La prima barriera ingegneristica è rappresentata dai “manufatti” ovvero contenitori metallici cilindrici con i rifiuti radioattivi all’interno già condizionati ed in forma solida (Figura 2A). I rifiuti radioattivi arriveranno al deposito in questa forma.
  2. La seconda barriera è rappresentata dai “moduli”, ovvero grandi contenitori a forma di parallelepipedo (3 m x 2 m x 1,7 m) in calcestruzzo speciale, armato o fibrorinforzato, con una resistenza di oltre 350 anni. Gli spazi tra i Moduli verranno riempiti con materiale inerte (sabbia, ghiaia o altro materiale con caratteristiche opportune) che ha la funzione di immobilizzare i Moduli ed assicurarne la stabilità all’impilaggio, senza tuttavia comportare un blocco irreversibile (Figura 2B). Successivamente i “Manufatti” saranno cementati tra loro con una malta speciale
  3. La terza barriera è rappresentata dalle “Celle di deposito” una struttura scatolare parzialmente interrata con pareti e platea di fondazione in calcestruzzo armato progettato in modo da resistere almeno 350 anni, di dimensioni pari a circa 27m x 15,5m x 10m al cui interno vengono disposti 240 Moduli su 5 livelli. Al termine delle operazioni di riempimento, la cella sarà chiusa e sigillata con una copertura in cemento armato, solidale al corpo della cella stessa (Figura 2C). Complessivamente sono previste 90 celle.
  4. La quarta ed ultima barriera è un sistema di copertura multistrato che costituisce ulteriore barriera ingegneristica realizzata con strati di diversi materiali, per uno spessore complessivo di qualche metro, allo scopo di impedire l’ingresso di acqua nel deposito, drenare le acque piovane, isolare i rifiuti dall’ambiente e migliorare l’impatto visivo della struttura (Figura 2D). E’ previsto inoltre un sistema di drenaggio, raccolta. trattamento delle eventuali acque di infiltrazione al di sotto delle “celle”.
Modalità costruttiva del Deposito Nazionale
Figura 2: Modalità costruttiva del Deposito Nazionale (Modificato da depositonazionale.it)

I vantaggi di un Deposito Nazionale con questo grado di sicurezza, a livello ambientale, sono indiscutibili. Attualmente infatti i rifiuti radioattivi sono stoccati in aree non idonee ed in strutture ormai vetuste (tempo di vita progettuale di 50 anni), non costruite con un tempo di vita idoneo per depositarli in sicurezza (almeno 350 anni).

Con un Deposito Nazionale i rifiuti radioattivi verrebbero gestiti in sicurezza disinnescando completamente tutte le bombe ecologiche attualmente presenti nel territorio nazionale potenzialmente dannose per l’ambiente e per tutte le specie viventi.

Quali rischi ci sono per la popolazione?

Per rispondere alla domanda, il “Rischio” va definito ed è convenzionalmente traducibile nella formula:

R = P x V x E:

dove:

P = Pericolosità: la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi in un certo periodo di tempo, in una data area.

V = Vulnerabilità: la vulnerabilità di un elemento (persone, edifici, infrastrutture, attività economiche) è la propensione a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento di una certa intensità.

E = Esposizione: è il numero di unità di ognuno degli elementi a rischio presenti in una data area, come le vite umane o gli insediamenti.

Premesso pertanto che il rischio “zero” non esiste, in tale accezione, dobbiamo fare alcune considerazioni:

  1. Il sito del Deposito Nazionale verrà scelto sulla base di 28 criteri:
    1. 15 Criteri di Esclusione, allo scopo di escludere le aree le cui caratteristiche non rispondo ai requisiti di sicurezza (a mero esempio le aree a elevato rischio vulcanico, sismico, idrogeologico, idraulico, ecc); si precisa che in Italia non esistono aree asismiche, pertanto la costruzione in aree a bassa e media sismicità non è un fattore limitante.
    2. 13 Criteri di Approfondimento, ovvero una volta applicati i criteri di esclusione, per verificare che le aree rispondono ancora ai criteri di sicurezza, vengono valutati ulteriori 13 parametri (a mero esempio, presenza di fenomeni vulcanici secondari, presenza di subsidenza e sollevamento del terreno, presenza di specie animali e habitat a rischio, ecc.).
  2. il Deposito Nazionale è un deposito passivo (non produttivo, quindi in assenza di liquidi o gas in pressione, combustibili, sostanze chimiche che in qualsiasi modo possono dare origine a esplosioni, emissioni in atmosfera, polveri ecc.) di rifiuti radioattivi provenienti dal mondo civile, industriale, della ricerca scientifica o ospedaliero.

Considerando quindi, a dispetto dell’esposizione della popolazione,

  1. la vulnerabilità viene drasticamente ridotta in quanto
    1. l’ubicazione del deposito nazionale che risulta, dai criteri di esclusioni e di approfondimento, in aree relativamente sicure;
    2. la tipologia costruttiva dell’infrastruttura risulta adeguati allo scopo protettivo e per la durata necessaria al completo decadimento dei rifiuti nucleari a molto bassa e bassa attività
  2. la pericolosità viene drasticamente ridotta dalle caratteristiche dell’attività di stoccaggio che non prevede attività produttive ed in assenza quindi di rischio incendi/esplosioni, rischio chimico e, emissioni in atmosfera

possiamo affermare che i rischi per la popolazione sono ridotti al minimo; paradossalmente il rischio per la popolazione è maggiore, per fare un esempio, nella piana fiorentina (ma anche in altre aree metropolitane) dove la prima falda è generalmente contaminata da trielina e tetracloroetilene (sostanze anche cancerogene) i cui vapori si accumulano da anni nelle abitazioni e vengono normalmente respirati dalla popolazione.

Per la Toscana sono state inserite nella lista Trequanda in provincia di Siena e Campagnatico, in provincia di Grosseto. Che criteri sono alla base di questa scelta? Molte delle proteste che si sono sollevate dopo la pubblicazione della lista è che non è stato tenuto conto che la Val d’Orcia è patrimonio Unesco e che la provincia di Grosseto ha importanti attività di allevamento e agricoltura, è corretto?

Attualmente è stata redatta solamente la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico (CNAPI), e le aree “potenzialmente idonee” della Toscana sono state scelte, come già descritto in precedenza, sulla base di 28 criteri:

  1. 15 Criteri di Esclusione – Criteri con cui si escludono le aree che non rispondono ai requisiti di sicurezza (ad es. aree a elevato rischio vulcanico, sismico, idrogeologico, idraulico, ecc. – NB un’area a bassa e media sismicità non è un fattore limitante).
  2. 13 Criteri di Approfondimento – Ulteriori criteri per verificare che le aree rispondono ancora ai criteri di sicurezza (ad es., presenza di fenomeni vulcanici secondari, presenza di subsidenza, presenza di specie animali e habitat a rischio, ecc.).

Relativamente al fatto che la Val d’Orcia è patrimonio Unesco e che la provincia di Grosseto ha importanti attività di allevamento e agricoltura, ricordo che dal 5 gennaio è partita la consultazione popolare e dei territori interessati che quindi potranno fare le osservazioni del caso, che potranno essere recepite con la prossima fase del Seminario Nazionale preliminare alla creazione della “Carta Nazionale delle Aree Idonee” (CNAI).

Nella lista le due località hanno come ordine di idoneità A2, non hanno ricevuto il punteggio massimo, che probabilità ci sono che possa essere scelta una delle due località toscane individuate nell’elenco da Sogin?

Le aree potenzialmente idonee della Toscana hanno ricevuto un buon punteggio per la localizzazione del Deposito Nazionale ma decisamente meno interessanti di quelle in Provincia di Torino (n.2), in Provincia di Alessandria (n.5) e in Provincia di Viterbo (n.5). Comunque è ancora presto e ricordo che sono aree solo potenzialmente idonee, il percorso è ancora lungo e dobbiamo attendere la consultazione popolare e dei territori con le varie Amministrazioni con la Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI) che verrà prodotta dopo la fase del Seminario Nazionale.

A Pisa è presente un deposito temporaneo per i rifiuti radioattivi. Qui sono ospitati gli stessi rifiuti che andranno nel deposito nazionale? Quali sono i rischi di un deposito temporaneo rispetto a quello nazionale?

I rifiuti radioattivi stoccati nel sito militare di San Pietro a Grado (PI)

  1. a molto bassa e bassa attività
  2. a media attività

sono relativi alle attività del CISAM (Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari), tra le quali quelle del Reattore Nucleare RTS-1 “Galileo Galilei”, ed è previsto che vengano trasferiti nel Deposito Nazionale quando questo entrerà in funzione, in particolare destinati

  1. allo smaltimento per i rifiuti a attività molto bassa e bassa attività,
  2. allo stoccaggio di lungo periodo per i rifiuti di media attività.

Tali rifiuti risultano attualmente, secondo la cartografia del Autorità di Bacino del Fiume Arno, in un’area a rischio idraulico (anche se basso) e un eventuale alluvione assieme ad un deterioramento delle strutture (ricordo che sono progettate e realizzate per una vita di 50 anni) potrebbe veicolare la radioattività nelle matrici ambientali sottostanti (suolo, sottosuolo e falda acquifera) contaminandole e, arrivando al mare, comprometterebbe la catena alimentare umana su un’area molto vasta.

La storia del deposito nazionale è lunga e lenta, che tempistiche ci sono per la scelta del luogo più idoneo e la realizzazione del deposito nazionale? Dopo la pubblicazione della lista, quali saranno i prossimi step? I cittadini possono partecipare a questo procedimento?

La Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico (CNAPI) è stata sviluppata nel 2015 da SOGIN con il supporto di vari atenei universitari e centri di ricerca. Tale cartografia è stata poi secretata e solo in 30 dicembre 2020 SOGIN ha ricevuto l’autorizzazione dal Governo Italiano alla pubblicazione, che è avvenuta il 5 gennaio 2020 con il sito www.depositonazionale.it.

Relativamente alle tempistiche attualmente è prevista una prima fase di consultazione popolare dove le Amministrazioni Comunali e Regionali, i cittadini potranno e soprattutto dovranno esercitare il loro diritto democratico di porre osservazioni alla cartografia CNAPI. Successivamente verrà avviato il Seminario Nazionale dove saranno valutati/recepiti i risultati della consultazione pubblica successivamente verrà redatta la Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI).

Una volta redatta la cartografia definitiva CNAI verranno valutate eventuali manifestazioni di interesse da parte delle varie Amministrazioni Comunali per la costruzione del Deposito Nazionale sul proprio territorio. In caso di assenza di manifestazioni di interesse, la scelta sarà effettuata d’imperio da parte del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE).

Una volta scelto il sito, partirà la progettazione definitiva del Deposito Nazionale con le indagini di caratterizzazione del terreno, la valutazione di impatto Ambientale (VIA). Una volta terminata questa fase si procederà con L’Autorizzazione Unica e con la Progettazione Esecutiva, per poi passare alla cantierizzazione ed alla realizzazione del Deposito Nazionale. La tempistica sono 5 anni per arrivare alla scelta del sito e 4 anni per la realizzazione, pertanto è prevista una tempistica di 9 anni per arrivare alla messa in esercizio dell’impianto.

La messa in esercizio del Deposito Nazionale durerà 40 anni, quando con l’esaurimento del Deposito, verrà ricoperto ed inizierà il monitoraggio per 300 anni (ovvero il tempo di decadimento radioattivo dei rifiuti fino alla loro innocuità per la salute e l’ambiente). Una volta terminato in monitoraggio i rifiuti saranno completamente inerti e l’area potrà essere utilizzata per altri scopi.

C’è la possibilità che venga ulteriormente rimandata la sua costruzione? Che conseguenze, soprattutto per le nuove generazioni, ci potrebbero essere?

Personalmente, da tecnico, da cittadino e da padre spero che la costruzione non sia ulteriormente rimandata, un eventuale rinvio sarà una scelta prettamente politica, dettata più da una sindrome NIMBY (Not In My Back Yard – Non nel mio giardino) che per una valutazione oggettiva. Il Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività è necessario e deve essere costruito sul nostro territorio nazionale come prevede la normativa europea e nazionale.  Tutti i paesi europei ne sono dotati o se ne stanno dotando (Figura 3).

Ubicazione depositi di rifiuti radioattivi in Europa
Figura 3: Ubicazione depositi di rifiuti radioattivi in Europa (Modificato da depositonazionale.it)

L’unico deposito estero ammesso potrà essere solo quello “geologico” europeo per i rifiuti radioattivi a media ed alta intensità, ma in attesa della sua individuazione, tali rifiuti devono essere messi in sicurezza temporanea in una apposita area sempre all’interno del Deposito Nazionale.

Un rinvio della sua costruzione, avrebbe un impatto disastroso per le prossime generazioni. Consideriamo infatti che:

  1. abbiamo circa 33000 mc di rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa intensità e circa 17000 mc di rifiuti radioattivi a media e alta intensità ubicati su tutto il territorio nazionale;
  2. nei prossimi 40 anni è prevista la produzione di ulteriori 45000 mc di rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa intensità, che verosimilmente verranno stoccate in siti non idonei;
  3. Tutte le strutture adibite allo stoccaggio non sono idonee in quanto, per le caratteristiche costruttive, hanno una vita stimata di 50 anni, e quindi attualmente sono vetuste . Inoltre la loro ubicazione spesso risulta in aree a rischio idraulico e geomorfologico, ovvero in aree attualmente a sismicità non idonea.

Quindi queste aree sono soggette a rischio di incidente rilevante, ed in tale caso la radioattività si potrebbe veicolare nelle matrici ambientali sottostanti (suolo, sottosuolo e falda acquifera) contaminandole compromettendo così la catena alimentare su aree molto vaste, insomma un vero e proprio disastro nucleare.

 

 

Bibliografia e sitografia

  • depositonazionale.it
  • ISIN – Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione (2020): Guida Tecnica N. 30 Criteri Di Sicurezza E Radioprotezione Per Depositi Di Stoccaggio Temporaneo Di Rifiuti Radioattivi E Di Combustibile Irraggiato. Le Guide Tecniche, emesse ai sensi dell’articolo 236 del Decreto Legislativo Decreto Legislativo 31 luglio 2020, n.101 e ss.mm.ii..
  • ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (2024): GUIDA TECNICA n. 29 – Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività. Le Guide Tecniche, emesse ai sensi dell’articolo 153 del Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 230 e ss.mm.ii..
  • Direttiva Euratom 2011/70 recepita dall’Italia con il D. Lgs. 45/2014.

 

Dott. Geol. Massimo Della Schiava, specializzato in attività di bonifica ed Analisi di Rischio ambientale. Attualmente ricercatore con borsa presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze dove svolge attività di monitoraggio sismico e vulcanologico di Stromboli e Etna nel Laboratorio di Geofisica Sperimentale. Dal 2017 al 2019 è stato Responsabile Geo-Sismo dell’Osservatorio Polifunzionale del Chianti. Si è occupato di divulgazione con l’Associazione Culturale “Scientificast” blogging e primo Podcast indipendente a tema scientifico in Italia per la divulgazione scientifica (www.scientificast.it). Moderatore ed uno degli amministratori della pagina Facebook “Geologi.it – Il sito dei Geologi italiani”.

 

[Foto di copertina Linda A. da Pixabay]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *