Vaia: una start up per rinascere dopo la tempesta

Giuseppe, Federico e Paolo fondatori della start up Vaia

Ho scoperto i protagonisti di questa intervista per caso, scorrendo un po’ annoiata le Stories di Instagram quando un particolare cubo in legno ha attirato la mia attenzione e ho deciso che dovevo saperne di più. Vaia è una start up creata da un gruppo di ragazzi che, come si legge sul loro sito, sono determinati a rimettere al centro l’ambiente e il territorio. I fondatori sono tre: Federico, Paolo e Giuseppe, ed è proprio quest’ultimo che ci parlerà del loro progetto.

Ci raccontate chi siete e come è nata la vostra start up?

Prima di tutto bisogna capire cosa è stata Vaia. Vaia è una tempesta che nell’ottobre 2018 ha messo in ginocchio l’intero ecosistema delle Dolomiti, con diversi milioni di alberi abbattuti e sradicati dalla furia dell’uragano, intere comunità esposte al rischio idrogeologico e danni infrastrutturali. Parliamo di danni stimati pari a circa 2 miliardi e 800 milioni di euro.

Federico, trentino, è la mente che ha generato Vaia. Quando ha visto cosa era successo nella Val di Fiemme e Val di Fassa e in tutte le zone circostanti, in Veneto e in Trentino, ha iniziato a pensare a come poter rinascere da questa tragedia climatica. Così ha coinvolto me (Giuseppe, ndr) e Paolo. Siamo tre carissimi amici, studenti fino a qualche anno fa ed ora ci siamo da poco affacciati nel mondo del lavoro. Abbiamo lanciato questo progetto da studenti, infatti, Vaia è una start up. In questo anno e mezzo in cui abbiamo pensato cosa fare, abbiamo realizzato un prodotto, il Vaia cube, in legno di abete e larice, recuperando tutto quel legname caduto durante la tempesta che altrimenti sarebbe andato sprecato.

 

Dal rumore della tempesta che proprio con il suo scopo di amplificatore va ad esorcizzare, al promemoria verso i cambiamenti climatici, sono tantissimi i significati che avete racchiuso in questo oggetto. Come è nato il design? Perché avete inserito una spaccatura nel legno?

Vaia cube è un amplificatore in legno, idea già del nonno di Federico che è stato un artigianato che amava intagliare questa materia. Abbiamo scelto questo prodotto, per un motivo pratico, il legno di recupero deve essere trattato, essiccato e lavorato in un certo modo ed è disponibile in pezzi piccoli. La motivazione più metaforica, invece, è che volevamo in qualche modo richiamare il concetto di amplificare l’emergenza ambientale in corso perché crediamo che la tempesta Vaia sia stata una anomalia provocata dai cambiamenti climatici in atto nel nostro pianeta.

L’amplificatore, all’inizio, era sensibilmente diverso, sentivamo che mancava qualcosa ma non sapevamo cosa. Leonardo, artigiano e nostro principale fornitore con cui collaboriamo, un giorno si è ferito nella foresta e allora ha pensato alla tempesta Vaia come ad una ferita, per questo ha deciso di trasferire questo concetto nel prodotto, andando a creare una spaccatura nel legno.  A questo si aggiunge l’idea di artigianalità, collaboriamo con falegnami e piccoli fornitori. Ogni prodotto è diverso dall’altro, proprio perché vogliamo allontanarci dal concetto di prodotto in serie e, anche, il fatto che la spaccatura è fatta con un colpo d’ascia che spacca il legno, rende ulteriormente ogni prodotto e ogni spaccatura diversa dall’altra.

Iniziative come la vostra possono aiutare una comunità e un territorio a superare una emergenza e rinascere?

Ne siamo estremamente convinti perché il danno è stato immenso e sappiamo che non si può ripristinare l’ecosistema a come era prima.  D’altro canto dare anche un piccolo contributo e dare alle persone uno strumento per aiutare il territorio che amano rappresenta, secondo me, una soluzione di valore.

In più in questo progetto abbiamo deciso di racchiudere un’idea di economia circolare: per ogni prodotto venduto pianteremo un albero nelle zone colpite, dando così un aiuto concreto al territorio e alla comunità.  Come sappiamo poi, le radici degli alberi permettono una corretta distribuzione dell’acqua piovana, ora senza questi, molte comunità sono a rischio idrogeologico e di frana. Il fatto di piantare gli alberi è un modo naturale per prevenire questo tipo di rischio.

 Che obiettivi avete per il 2020?

Nel 2019 l’obiettivo era quello di vendere 5mila prodotti e piantare altrettanti alberi. Ci siamo arrivati vicini e siamo molto soddisfatti perché abbiamo ricevuto un’accoglienza estremamente positiva. Quello imminente è di piantare mille alberi a Panarotta, località in Valsugana. Per questo abbiamo già avviato una collaborazione con Etifor, spin-off dell’Università di Padova, che ci garantisce la certificazione PEFC per la sostenibilità della piantumazione. Per il futuro, vogliamo lavorare ad altri prodotti, diversi dall’amplificatore, per valorizzare ancora tutto il legno che possiamo usare e recuperare. In più, in questi anni vorremmo creare un modello di business che ci permetta di intervenire in quelle realtà dove sono in atto sprechi o si è verificata una calamità, per recuperare risorse e dare loro nuova vita, destinando sempre una parte di quello che sarà il nostro ricavato per ricostituire l’equilibrio preesistente.

Sito web: www.vaiawood.eu

Un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *