Yemen: i social network nella più grave crisi umanitaria in corso

Una chiacchierata tra amici, così è nata questa intervista a Jacopo che da anni si occupa di emergenze e cooperazione internazionale ma con un occhio sempre molto attento alla comunicazione.

Ma andiamo subito al dunque, Jacopo. Raccontaci chi sei e di cosa ti occupi.

Jacopo Caridi

“Mi chiamo Jacopo Caridi, ho studiato a Firenze sviluppo economico e cooperazione internazionale con un focus sull’organizzazione delle aziende no-profit. Mi occupo di gestione di crisi umanitarie dal 2009, ho iniziato in Italia con il terremoto in Abruzzo seguendo poi Garfagnana, Emilia Romagna e altre emergenze nazionali. Nel 2014 sono passato alle emergenze internazionali e mi sono occupato di interventi umanitari in Libano, Serbia, Macedonia, Nepal, Filippine, Isole Vanatu, Perù e ora, da circa un anno e mezzo, sono in Yemen, prima come vice direttore paese con una ONG italiana e ora come Area Manager per il sud del paese per una ONG danese”.

Puoi raccontarci la situazione dello Yemen e la crisi umanitaria che sta attraversando?

“In Yemen è in corso una guerra disastrosa dal 2015 che vede bombardamenti e attentati quotidiani in tutte le regioni e, ad oggi, sono oltre 22 milioni (80% della popolazione) gli abitanti che necessitano di aiuti umanitari per sopravvivere. Nel 2018 lo Yemen è stato dichiarato la più grave crisi umanitaria al mondo anche perché oltre alla guerra sta attraversando una grave siccità, emergenza colera e emergenza fame. Il mio team è composto da circa 70 operatori umanitari (4 internazionali e il resto locale) più molti volontari. Insieme distribuiamo cibo, costruiamo pozzi, rete idriche, strade, consegniamo kit igienici, cash assistance, protezione dei diritti umani, offriamo cure mediche per bambini vittime del conflitto, distribuiamo kit abitativi di emergenza oltre che a materassi, kit cucina e allestiamo centri ricreativi di emergenza per i bambini che scappano dalle aree di conflitto. Ogni mese, per 5 giorni la settimana, distribuiamo pasti per 123.000 persone in zone ad altissimo rischio”.

Che ruolo hanno i social network nell’attività di narrazione di questa emergenza? I cittadini li utilizzano? Quali sono i più diffusi?

“I social network vengono utilizzati per allertare in caso di attacchi terroristici o bombardamenti. Le persone attive su Twitter non sono molte ma in caso di emergenza in pochi secondi, su questo social, trovi le informazioni che ti servono con dettagli piuttosto accurati. È un uso spontaneo e volontario ma si rivela molto utile per noi e anche per molti cittadini che, di giorno in giorno, usano sempre più spesso Twitter in caso di emergenza per ottenere le prime informazioni su cosa è successo. Facebook è il social network più diffuso ma Twitter, anche qui in Yemen, è quello più utilizzato per divulgare informazioni in caso di crisi. Oltre ai social network ci sono molte applicazioni di messaggistica istantanea utilizzate come Whatsapp e IMO dove la popolazione ha creato gruppi di amici o del vicinato per condividere informazioni sulla situazione di sicurezza nel territorio”.

Nelle vostre attività quotidiane e di prevenzione come interagite e comunicate con la popolazione? Utilizzate anche i social network?

“Sfortunatamente i social network e le app sono utilizzate solo nei grandi centri cittadini, il resto della popolazione che vive in aree remote e rurali versa in una condizione di estrema povertà e di bassissimo livello culturale. In questi casi per le nostre attività di prevenzione come, ad esempio, sensibilizzazione sul rischio delle mine antiuomo e anticarro o attività di prevenzione su igiene personale e ignee pubblica, organizziamo sessioni di piccoli training con circa 20-25 partecipanti di massimo 20 minuti dove, attraverso i nostri operatori, trasferiamo i messaggi chiave alla popolazione. Spesso cerchiamo di formare i più giovani in modo tale che poi trasmettano il messaggio alle famiglie oppure formiamo i community leaders (figure di rilievo e rispettate nelle comunità) che poi a loro volta formano il resto della popolazione”.

Secondo te, quale potrebbe essere il canale di comunicazione migliore per raccontare l’emergenza umanitaria in Yemen in Italia?

“In Yemen per il momento è consentito l’accesso solamente ad operatori umanitari, giornalisti e turisti non possono accedere al paese. L’unico modo per raccontare la storia dello Yemen all’esterno è tramite i social network e viene fatto principalmente da Yemeniti che vivono all’estero e raccontano quello che succede sulla base delle testimonianze dei loro amici ancora presenti in Yemen”.

[Foto di Jacopo Caridi]

Chiara Bianchini

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