L’anno social del DPC, intervista a Pierfrancesco Demilito

Sono stati richiesti a gran voce da tutto il popolo del web e del settore (soprattutto dopo il percorso di studio di socialprociv) e, finalmente, nel maggio 2018 sono stati attivati gli account ufficiali, Facebook e Twitter, del Dipartimento della Protezione Civile. Ad un anno dalla loro apertura facciamo il punto con Pierfrancesco Demilito, capo ufficio stampa del Dipartimento, e proviamo a scoprire alcuni aspetti di backstage, dalla gestione del piano editoriale, la gestione delle interazioni, fino all’organizzazione interna.

Il 2 maggio il DPC ha festeggiato il primo anno sui social, possiamo fare un bilancio?

Siamo molto soddisfatti di questo primo anno di presenza del Dipartimento sui social. Siamo soddisfatti per una serie di motivi, primo perché riteniamo che i numeri che abbiamo raggiunto siano soddisfacenti e in linea con i traguardi che c’eravamo fissati. Secondo perché siamo contenti della risposta e della partecipazione che la fanbase dimostra sulle pagine social. In più siamo orgogliosi perché non abbiamo passato un giorno senza che su queste pagine venisse pubblicato almeno un contenuto e, tornando ai numeri, ci rendiamo conto di aver mantenuto un trend di crescita costante che ancora non si è fermato e che è rimasto progressivo e costante durante tutto il corso dell’anno.

Sui profili Twitter e Facebook troviamo aggiornamenti quotidiani sui bollettini meteo, messaggi di prevenzione e aggiornamenti sulle criticità in corso. Qual è stato il percorso che vi ha portato a definire questo piano editoriale? Come scegliete i temi da trattare?

Siamo partiti dalla definizione delle social media policy che abbiamo ritenuto necessarie e fondamentali per iniziare la nostra esperienza sui social. Abbiamo iniziato a studiare partendo dal percorso di socialprociv ma anche studiando quelle di altre pagine e profili simili ai nostri. [Clicca qui per consultare la social media policy del DPC].

Sul piano editoriale abbiamo fissato come pubblicazione quotidiana quella del bollettino di criticità perché è un prodotto che il Dipartimento realizza ogni giorno e lo riteniamo fondamentale in chiave allertamento. All’inizia avevamo un po’ paura che stancasse ma i numeri che riscontriamo sulla pubblicazione del bollettino ci smentiscono.

Abbiamo fissato alcune pubblicazioni che seguono il calendario della protezione civile, ad esempio prodotti sull’idrogeologico nel periodo autunnale e contenuti pensati sugli incidenti boschivi nel periodo estivo. Oltre a questo, abbiamo un calendario con le ricorrenze perché, uno degli obiettivi che ci siamo dati, è accrescere la cultura di protezione civile e riteniamo che ricordando gli eventi calamitosi che hanno colpito il nostro paese in passato si possa aumentare e, attraverso il ricordo, accrescere la conoscenza del proprio territorio e della cultura di protezione civile. Questi sono i contenuti fissi che abbiamo pensato, il resto viene molto dalla lettura dell’attualità. Quando ci rendiamo conto che siamo a fronteggiare un evento eccezionale spingiamo su contenuti che hanno a che fare con quel tipo di rischio insieme alle buone pratiche e ai buoni comportamenti da usare.

Negli aggiornamenti non mancano le emoji o richiami a linguaggi e metodi di comunicazione quotidiani, mi riferisco per esempio al post con la chat di WhatsApp delle mamme per ricordare che è il sindaco l’autorità che decide se le scuole saranno chiuse in caso di allerta meteo. Questo evidenzia un attento studio delle dinamiche social e un percorso di traduzione del linguaggio tecnico della protezione civile. Può essere questa uno dei maggiori punti di forza dello stare sui social?

Inizialmente ci siamo dedicati alle social media policy, subito dopo abbiamo fatto uno studio sul linguaggio con i colleghi dell’ufficio stampa che curano le pagine social del Dipartimento per decidere che tipo di linguaggio utilizzare. Fin dall’inizio abbiamo scelto di usare la prima persona plurale perché la riteniamo molto inclusiva. Cerchiamo di avere una impostazione istituzionale ma con un linguaggio che vada ad avvicinare quante più persone alle tematiche di protezione civile e alle attività del Dipartimento. La protezione civile è fatta da tanti attori, non è solo ed esclusivamente il Dipartimento, per questo è necessario essere inclusivi e fare cultura anche attraverso il linguaggio. In più riteniamo importante, insieme alla scelta di stare sui social, quella di rispettare il media che si utilizza, anche per questo nei post che realizziamo non mancano le emoji.

A livello organizzativo che impatto hanno avuto i social nelle dinamiche quotidiane della vostra struttura sia per quanto riguarda le attività di prevenzione che quelle in emergenza?

Questa operazione è stata condotta a costo zero, mi piace ricordarlo perché penso che poche amministrazioni siano riuscite a fare una cosa del genere senza modificare il budget. Tutti i numeri che abbiamo raggiunto sono organici, non abbiamo fatto promozioni dei post o della pagina. Tutti i contenuti pubblicati sono prodotti dall’ufficio stampa in collaborazione con l’ufficio comunicazione del Dipartimento. L’ufficio stampa cura le pagine, due/tre persone in organico si occupano maggiormente del calendario editoriale per il resto è tutto l’ufficio che si occupa del monitoraggio, dei commenti, dei post e dell’osservazione delle altre pagine che fanno parte del servizio nazionale della protezione civile. Questa in sintesi l’organizzazione per l’ordinario.

Da quando abbiamo aperto gli account sui social non abbiamo dovuto fronteggiare una grande emergenza, però ci siamo dati alcuni punti fissi. Immaginiamo di usarli in emergenza in chiave più unidirezionale, come megafono per alcune informazioni, di ripetere spesso, come abbiamo fatto nelle social media policy, che questo non è un canale d’emergenza dove chiedere soccorso ma di utilizzarlo per diffondere le informazioni di servizio e, magari, per descrivere come si sta gestendo l’emergenza in quel momento.

Come ha spiegato a Lucca, avete scelto di non rispondere ai singoli commenti che vengono lasciati dagli utenti su Facebook e Twitter, ma di leggerli tutti con attenzione e, quando necessario, raccogliere tutti i dubbi emersi su un tema e dargli risposta con un post dedicato. Come nasce questa scelta?  

In realtà rispondiamo spesso. Il nostro, secondo me, è un canale falso-unidirezionale. Quando ci rendiamo conto di avere un flusso di domande e interventi che vanno in una direzione ed evidenziano una lacuna informativa, come può essere il caso della chiusura delle scuole, a quel punto ci muoviamo con un post che risponde a più domande e chiarisce i dubbi.  Puntiamo più che alla risposta 1 a 1, ad una attenta osservazione dei canali social del Dipartimento, in modo tale da indirizzare il dibattito social verso informazioni corrette e puntuali.

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